Corrado Malanga

Esaminare la Coscienza umana e definirla significa affrontare un viaggio all’interno di noi stessi, avendo cura di conoscere bene i nostri limiti percettivi che saranno indubbiamente legati al tipo di comprensione che possiamo utilizzare. Se la comprensione è totale, ciò significa anche che non esistono limiti, ma se abbiamo limiti nel comprendere, essi si rifletteranno anche sull’idea che noi ci facciamo dell’Universo che ci circonda.

La ricerca della Coscienza passa dunque attraverso la comprensione dei nostri limiti. Un conto è affidarsi ai limiti della nostra percezione ed un altro è affidarsi ai limiti della ragione. In questo ultimo caso essi sono segnati dai limiti della fisica e della matematica o comunque di quelle regole che noi presumiamo di conoscere, che ci dicono come sarebbe fatto l’Universo. Un conto è sentire dentro di sé che le cose stanno in un certo modo e tutt’altra faccenda è affidarsi a cosa dicono le formule fisiche. L’unica vera strada percorribile per avere risposte sufficientemente sicure è quella di affidarsi contemporaneamente a tutti e due i percorsi e scegliere quei risultati che siano compatibili con la razionalità da un lato e la percezione della realtà dall’altro. Così si avrà più probabilità di ottenere il corretto risultato, accontentando i due emisferi del nostro cervello, uno maschile razionale e spaziale, l’altro visionario, femminile, temporale. Sostanzialmente l’unificazione delle leggi della fisica passa attraverso una primaria unificazione dei processi cerebrali che conducono ai ragionamenti finali che ci daranno le risposte corrette finali. Filosoficamente parlando, potremmo sostenere che prima ci si integra dentro di noi e poi si cerca una soluzione integrata fuori di noi. Se così non si facesse si correrebbe il rischio di non trovare nessuna soluzione poiché essa apparirebbe invisibile alla nostra percezione coscienziale. La difficoltà ci appare immediata quando ragioniamo sul fatto che, se da un lato ci serve la Coscienza per sapere Chi siamo, dall’altro sapere Chi siamo ci serve per capire cosa sia la Coscienza.

L’ approccio di Hofstaldter

Douglas Hofstaldter

L’esistenza di questo loop ha portato molti filosofi a formulare una teoria che trova in Douglas Hofstaldter  il maggior sostenitore.
Questo autore dallo spirito razionale, sostiene che l’osservazione di colui che ci sta accanto, l’ALTRO, è il punto di partenza per comprendere CHI SIAMO. Infatti essendo la Coscienza del cosmo intero  una cosa sola, ecco che osservare l’ALTRO servirebbe a capire NOI STESSI ma, a quel punto, partirebbe un loop che non ci permetterebbe di sapere in verità CHI SIAMO poiché, osservando l’ALTRO, noi staremmo compiendo un atto di auto-osservazione. Non potremmo dunque imparare dall’ALTRO poiché esso sarebbe lo specchio di NOI STESSI ed attraverso questo processo di auto-osservazione, non potremmo vedere altro se non NOI STESSI, non potendo peraltro acquisire altre informazioni che invece potremmo avere se l’ALTRO, fosse veramente un altro e non un nostro riflesso.
La nostra mente funzionerebbe secondo loop a feedback ricorsivo, la cui metafora matematica è quella della funzione iterativa ricorsiva, come ad esempio il frattale di Mandelbrot.

In tale metafora, occorre immaginare la potenzialità tipica della nostra mente di porre in essere un regresso all’infinito.

Il loop iterativo, che dà luogo a pattern emergenti, è garantito da un fenomeno che Hofstadter chiama locking in o ingaggio permanente e che possiamo  metaforicamente assimilare alla dinamica dei feedback audio (immaginiamo quando l’audio ha il fenomeno del “ritorno”) e video (una camera che filma attraverso uno “specchio” e dà luogo ad una immagine iterativa in uno schermo Tv) . In tale quadro, quello che noi chiamiamo Coscienza ed Auto-Coscienza corrisponde a un processo complesso di tali loop iterativi fino a che emerge un loop auto-osservativo.

Nel modello di Hofstadter, rivestono notevole importanza i teoremi di Gödel sull’incompletezza di qualsiasi sistema matematico assiomatico, in quanto essi stessi sono una metafora del funzionamento della nostra mente che procede ad attribuire nuovi significati a codici apparentemente definitivi.
Non esiste alcun libero arbitrio, in quanto tutti i processi mentali sono rigorosamente processi fisici.
Quelli che in filosofia della mente sono detti qualia, al pari di quanto asserisce Daniel Dennett, sono per Hofstadter delle mere illusioni da un punto di vista scientifico, ossia non hanno una influenza oggettiva nei nostri processi coscienti.

Dunque non potremmo mai veramente acquisire conoscenza di NOI STESSI perché sarebbe come chiedere alle nostre immagini allo specchio di svelarci CHI SIAMO mentre le NOSTRE IMMAGINI contemporaneamente lo chiedono a NOI.
Dunque se esistesse un Creatore, questo ci avrebbe chiuso in una gabbia cognitiva che non prevede la presenza di un “libero arbitrio”. L’autore di questa ricerca sostiene che i simboli sono strutture mentali che servono all’uomo per non complicarsi l’esistenza salvaguardando la mente dal perdersi dentro irrisolvibili ragionamenti che lo potrebbero portare alla totale confusione mentale. I simboli sarebbero una sovrastruttura auto-generata dalla mente per far credere all’uomo ciò che lo solleva dall’idea di essere chiuso in una gabbia percettiva invalicabile. In questo contesto la Coscienza sarebbe solo un simbolo, perciò inesistente.

I punti deboli della teoria di Hofstaldter sono molti. Innanzitutto quando un risultato di una ricerca non è corretto ciò può accadere perché le condizioni iniziali del problema sono errate e nel caso della risoluzione di Hofstaldter è praticamente tutto sbagliato poiché egli non dà condizioni iniziali da cui partire. “Le cose stanno così in quanto l’osservazione dei fatti è questa“. Ma l’osservazione dei fatti, se tutto quello che dice l’autore fosse vero, sarebbe  inficiata dai suoi stessi presupposti. L’ assenza, per esempio, di un libero arbitrio conduce l’essere umano a non poter supporre niente poiché non esisterebbe nemmeno la possibilità per il nostro cervello di farsi una domanda a causa della ipotetica molteplicità delle risposte. La mancanza del libero arbitrio cozza contro l’apparente dualità delle scelte entropiche dell’Universo. Per fare un solo esempio, basterebbe dire che se Hofstaldter avesse ragione non ci sarebbe stato nessun professor Santilli che avrebbe potuto pensare ad una matematica isoduale per l’impossibilità di effettuare un pensiero duale, prima a livello simbolico e poi a livello pragmatico. (http://www.santillifoundation.org/docs/P-Muktibodh.pdf).  Ma allora tutto questo vuol dire che il simbolo esiste e non è una necessità del cervello umano, ma un concetto che, seppur nella sua astrazione, provvede ad aiutare un essere umano a comprendere al di là della gabbia dimensionale della sua percezione. E “simbolo” dal greco vuol significare “parte di un oggetto fatto di due parti”. Ciò che l’autore di questa ipotesi trascura completamente è la banale regola della simmetria universale che sostiene che essa va localmente sempre aumentando. Infatti se il loop di Hofstaldter fosse vero, la simmetria dell’universo, che è legata alla geometria dell’universo stesso e alla sua consapevolezza, tenderebbe a diminuire, se si pensa che l’uomo continuasse ad autoingannarsi con la produzione di simboli, o a rimanere costante, se si supponesse che nulla in fondo cambia. Le misure effettuate sull’Universo locale mostrano che l’entropia invece aumenta. (continua…)


1 commento

adriana ferrigno · 07/12/2017 alle 10:12

…in effetti io ho sempre ritenuto possibile comprendere lo stato d’essere dell’altro con cui mi relaziono solo in funzione del mio stato di coscienza e della mia personale percezione di realtà. Pertanto l’io mi specchio nell’altro consapevolmente, in ciò che credo di conoscere di me. Al momento in cui cambia la mia percezione di me stessa mi accorgo di specchiarmi in esseri di diverso stato di coscienza, rispetto a prima, o semmai di maggiore complessità, visto dal punto di vista precedente. Dunque mi sembra di essere io a creare gli specchi e a cambiarli nel proseguo dell’esistenza, Prof. Fin quì mi sembra che il concetto espresso condivida le sue scoperte. Mi viene in mente il concetto dei frattali,…forse in relazione alla simmetrizzazione dell’universo. Mi chiedo se l’universo diverrà tale quando ciascuno specchiandosi nell’altro vedrà tutto l’universo e se stesso. Dunque la disimmetrizzazione attuale sarebbe una mancanza di consapevolezza di ciò che si specchia davandi a noi, e che percepiamo solo in parte….e ciò che rifiutiamo lo conosciamo, altrimenti non lo riconosceremmo, ma non ne abbiamo consapevolezza. questo è solo il mio modesto pensiero, naturalmente.

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