L’uomo si è sempre posto domande su se stesso e per le risposte si è spesso rivolto allo studio dei propri simili.
L’antropologia (termine composto col prefisso antropo-, dal greco ἄνϑρωπος ànthropos = “uomo” più il suffisso -logia, dal greco λόγος, lògos = “parola, discorso”), è la scienza che pone al centro dei suoi studi appunto l’essere umano considerandone gli aspetti sociali, culturali, morfologici, psicoevolutivi, artistico-espressivi, filosofici e religiosi.
Il pensiero dell’uomo moderno è stato fortemente influenzato da ciò che egli ha creduto essere stato il suo passato a contatto con tutte le specie del pianeta. È curioso notare come l’antropologia si sia sviluppata proprio a partire dalla seconda metà del milleottocento, epoca in cui l’industrializzazione cominciava la sua opera di smantellamento di molte delle strutture sociali preesistenti . È come se, già a quell’epoca, l’uomo cominciasse ad interrogarsi realmente su cosa potesse rimanere dopo la distruzione di tutte le risorse che contribuivano a formare il suo habitat naturale.
L’antropologia culturale tentò di compensare il vuoto enorme che la civiltà tecnologica stava creando attorno a sé. Era un tipo di società “civile” che nulla aveva a che fare con i popoli primitivi. Almeno così pensarono gli evoluzionisti che vedevano nella espressione del nuovo mondo che stava nascendo il punto più alto di un processo evolutivo che partiva da molto lontano e che pur affondava le radici in qualcosa di estremamente primitivo, ai tempi inteso con una accezione dispregiativa. Dall’altro lato invece i funzionalisti affermavano che ogni fatto sociale doveva essere analizzato in funzione della cultura locale, come espressione di interconnessioni tra vari sistemi autonomi operanti tra loro.
L’uomo si accorse poi della incredibile somiglianza tra varie forme culturali presenti nelle più disparate zone del pianeta. Per i diffusionisti era chiaro che si trattasse di tratti culturali che si erano diffusi a partire da un centro antropogenetico principale.
Tutte queste teorie, che definivano l’ambito dell’antropologia culturale, potevano essere applicate anche ai sistemi biologici. Non c’erano solo le forme culturali umane da salvare, studiandole e definendole nelle varie forme, ma bisognava approfondire chiaramente anche le teorie sull’origine della vita e di come essa si fosse sviluppata sul pianeta. E d’altro canto l’antropologia era nata proprio da una costola della biologia.
Anche in questo campo si parlò di evoluzione umana sulla base di un antenato comune. Chi non conosce il nome di Charles Darwin? Egli è ancora prepotentemente presente all’interno degli odierni sistemi scolastici. Purtroppo fuori da questo contesto, molti hanno messo in discussione le sue conclusioni soprattutto laddove studi di frontiera hanno potuto beneficiare di una diffusione negata dalla censura di un sistema spesso autoreferenziale come quello scolastico.
Si comprende quest’enorme discrepanza tra le conoscenze istituzionalizzate e quelle “alternative” da un articolo apparso il 26 ottobre 1991 su Le figaro magazine in cui si dava notizia di come, nell’ambito degli “Incontri di Blois” circa duecento scienziati, tra cui quattro premi Nobel, si fossero riuniti per discutere delle ultime novità nella ricerca di tutti i campi del sapere: dalla biologia alla paleontologia, dalla zoologia alla genetica e all’embriologia, dalla matematica alla medicina. Le nuove conoscenze in tutti i campi suddetti dettero un colpo definitivo a molte delle ipotesi di Darwin. La sua teoria sembrava poter spiegare degli eventi secondari ma assolutamente non convinceva più in riferimento alle fasi fondamentali dell’evoluzione della vita. Tuttavia è evidente l’uso delle teorie evoluzionistiche di darwiniana memoria ancora oggi, soprattutto a fini politici, in quanto si presta a una visione materialistica della vita dove l’uomo ha solo il compito di lottare per assicurarsi la vita.
Ecco perché una nuova antropologia, che parta dalle premesse derivanti dalle ultime scoperte moderne, spesso occultate sino a ora, avrà il compito di creare una nuova visione dell’uomo, molto più “divina” rispetto al passato, in risonanza con quanto affermato dalle ricerche spirituali che provengono da altre discipline quali l’esoterismo, la magia, l’astrologia, la mitologia. L’antropologia culturale non potrà non prendere in considerazione anche le ultime scienze quali l’esobiologia, la paleoastronautica e, perché no, anche il mondo delle adduzioni aliene.
Soltanto con questi presupposti la nuova antropologia potrà dare il suo fondamentale contributo, anche a sostegno della visione olistica, più in linea con lo sviluppo totale dell’uomo visto come parte di un più vasto sistema chiamato universo.
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